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sabato 18 Maggio 2024

Modifica del regolamento condominiale: vietare un uso ai condomini viene parificata a servitù

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Accade di frequente che le norme contenute all’interno del regolamento condominiale siano causa di dissapori tra i condomini, in quanto, molto spesso, quest’ultimi le interpretano a loro piacimento. 

Nella maggior parte dei casi, al fine di prevenire future liti, è necessario apportare dei cambiamenti a dette disposizioni. Di conseguenza, ci si chiede se sono ammesse tali modifiche e, in caso affermativo, a che condizioni? 

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n.2403 /2024, ha dato risposta a queste domande. 

La vicenda 

L’odierna vicenda traeva la propria origine dalla decisione di una conduttrice di un’unità immobiliare di aprire una sala giochi la cui attività si svolgeva dalle ore 20:00 fino a tarda serata. A seguito di numerose lamentele da parte degli altri condomini, i quali non riuscivano a riposare adeguatamente, la questione veniva portata all’attenzione dell’assemblea condominiale. Quest’ultima deliberava la contrarietà del condominio all’attività svolta dalla conduttrice, in quanto in contrasto con una clausola del regolamento condominiale che statuiva: “Lo stabile è destinato ad alloggi per abitazioni civili ed uffici, negozi, nonché studi professionali”.  

La conduttrice, contrariata da quanto stabilito in assemblea, impugnava la delibera, ritenendo che il condominio aveva modificato il regolamento condominiale senza aver preliminarmente raccolto il consenso unanime di tutti i condomini. Secondo il condominio, invece, con detta delibera non era stato modificato alcunché, in quanto la decisione assunta andava considerata come un semplice chiarimento dell’ambito di applicazione del disposto regolamentale. 

La conduttrice, soccombente sia in primo che secondo grado, ricorreva alla Suprema Corte, la quale, prima di enunciare il principio di diritto, svolgeva un breve parallelismo tra la disciplina dei regolamenti condominiali e quella delle servitù prediali. 

I principi enunciati dalla Corte di Cassazione 

Gli Ermellini, sul punto, parificavano la disciplina dei regolamenti condominiali a quella delle servitù prediali reciproche di non facere, affermando che, in casi similari, il contenuto del diritto di servitù corrispondeva al dovere di ciascun condomino di astenersi dalle attività vietate dal regolamento condominiale.  

Quindi, considerato che il dovere di non facere delle servitù prediali deve essere specificatamente determinato e non può essere modificato senza il consenso di tutte le parti, la Suprema Corte desumeva, per analogia, che si debba applicare la stessa procedura anche per le disposizioni presenti all’interno dei regolamenti condominiali.  

Tanto premesso, la Corte di Cassazione evidenziava che il caso di specie concerneva una delibera assembleare che ha specificatamente dettato il divieto di adibire le unità immobiliari ad attività di sala gioco, ergo modificativa dell’articolo del regolamento condominiale. Di conseguenza, deve trovare applicazione il seguente principio di diritto: 

la modifica di una clausola del regolamento, che limita i diritti dei condomini sulle proprietà esclusive o comuni, è valida solo se approvata con il consenso negoziale unanime dei partecipanti alla comunione, che deve essere manifestato in forma scritta, nel rispetto dell’art. 1350 n. 4 c.c. 

Le conclusioni 

Alla luce delle suddette considerazioni, la Suprema Corte ha voluto evidenziare che nel caso in cui una delibera assembleare delimiti il campo di applicazione di un articolo del regolamento condominiale, questa si debba considerare modificativa dello stesso in virtù della parificazione di detta disciplina con quella delle servitù prediali di non facere

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