Il condominio si fonda sulla relazione di accessorietà tra i beni comuni e le proprietà individuali, conseguentemente la spesa autonomamente sostenuta da uno dei condomini per la conservazione del medesimo è rimborsabile soltanto nel caso in cui la stessa, ai sensi dell’art. 1134 c.c., abbia i requisiti dell’urgenza. È quanto affermato dalla Suprema Corte con l’Ordinanza, 23/10/2023, n. 29336, a seguito di una lunghissima vicenda giudiziaria che ha riguardato i lavori straordinari compiuti su un condominio a Benevento.
La vicenda, come anticipato, trova la propria origine anni or sono da una opposizione a decreto ingiuntivo promossa da una condomina che si era vista recapitare da un altro proprietario (titolare del 90% dello stabile) un decreto ingiuntivo ottenuto per vedere rimborsata la quota delle spese di riparazione urgenti ed indifferibili dallo stesso sostenute e consistenti nel consolidamento statico e nella copertura delle facciate del loro fabbricato.
Giunta la questione sino in Cassazione, gli Ermellini provvedevano ad analizzare le differenze tra l’art. 1134 c.c., applicabile al condominio edilizio, e l’art. 1110 c.c., afferente alla comunione ordinaria.
In particolare, la Suprema Corte afferma che l’art. 1134 c.c. regola il rimborso delle spese di gestione delle parti comuni sostenute dal partecipante non alla mera trascuranza o tolleranza degli altri comunisti, come l’art. 1110 c.c., quanto al diverso e più stringente presupposto dell’urgenza, intendendo la legge trattare nel condominio con maggior rigore la possibilità che il singolo possa interferire nell’amministrazione dei beni in comproprietà.
Ne discende, quindi, che, istaurandosi il condominio sul fondamento della relazione di accessorietà tra i beni comuni e le proprietà individuali, la spesa autonomamente sostenuta da uno di essi è rimborsabile soltanto nel caso in cui abbia i requisiti dell’urgenza, ai sensi dell’art. 1134 c.c. (Cass. Sez. Unite n. 2046 del 2006 ).
Il requisito dell’urgenza condiziona, pertanto, il diritto al rimborso del condomino gestore, il quale deva darne prova, e si spiega non soltanto come dimostrazione che le spese anticipate dal singolo fossero indispensabili per evitare un possibile nocumento a sè, a terzi od alla cosa comune, ma altresì che le opere dovessero essere eseguite senza ritardo e senza possibilità di avvertire tempestivamente l’amministratore o gli altri condomini, sulla base di accertamento di fatto spettante al giudice del merito (Cass. n. 14326 del 2017 )
Nulla è invece dovuto in caso di mera trascuranza degli altri comproprietari, non trovando applicazione le norme in materia di comunione (art. 1110 c.c.).
Se l’assemblea, a fronte dell’urgenza dell’intervento conservativo delle cose comuni, non vi provvede o non forma la necessaria maggioranza, il rimedio è dato dal ricorso all’autorità giudiziaria, come previsto dall’art. 1105 c.c., comma 4, (e dall’art. 1139 c.c.), e non dall’iniziativa individuale di uno o più condomini che assumano la gestione delle parti condominiali degradate (Cass. n. 9280 del 2018 ; n. 21015 del 2011 ).
In conclusione, la Corte di Cassazione ha ritenuto, con l’Ordinanza, 23/10/2023, n. 29336 e sulla base del sopra esposto ragionamento giuridico, che al proprietario che aveva ottenuto il decreto ingiuntivo non poteva accordarsi il diritto al rimborso nei confronti del condomino, salvo non avesse dimostrato di aver sostenuto i costi dei lavori di consolidamento statico e di copertura delle facciate del fabbricato condominiale, in quanto le lavorazioni erano urgenti e le condizioni impedivano di avvertire tempestivamente l’amministratore o gli altri condomini. Di talché, soltanto nel caso in cui vi siano i requisiti dell’urgenza, e questi risultano oggettivi, il condomino che è intervenuto per la conservazione del condominio avrà diritto di veder rimborsati gli importi anticipati.