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sabato 19 Luglio 2025

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Affitti brevi, il mito delle rendite facili vacilla: a rischio la convenienza economica rispetto al canone concordato

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SoloAffitti pubblica un’indagine comparativa su quattro grandi città italiane. Cala l’attrattività del modello turistico, anche a causa di nuove norme e costi fiscali.

Altro che facili guadagni: l’affitto breve, celebrato per anni come formula vincente per massimizzare il rendimento immobiliare, oggi si scontra con la dura realtà dei numeri. A rivelarlo è una nuova analisi condotta dall’Ufficio Studi di SoloAffitti, che ha messo sotto la lente di ingrandimento le performance economiche del comparto in quattro metropoli italiane – Milano, Roma, Firenze e Napoli.

I dati parlano chiaro: nella maggior parte dei casi, la redditività netta degli affitti brevi è inferiore a quella dei contratti di medio-lungo periodo, in particolare nella formula 3+2 a canone concordato. A Milano, ad esempio, una locazione turistica produce un’incasso lordo annuo di oltre 32.000 euro, ma – tra gestione, tasse e spese accessorie – la rendita netta scende al 2,7%, contro il 3,5% garantito da un contratto 3+2. A Roma lo scenario è analogo, con un divario tra 3,3% e 3,8%. Solo a Firenze e Napoli le percentuali si avvicinano, ma la minore prevedibilità della gestione turistica resta un fattore penalizzante.

Un esempio concreto: a Milano, con una tariffa media di 130 euro a notte e un’occupazione del 70%, la rendita netta annuale si ferma a 8.683 euro. Nella stessa città, un affitto 4+4 con canone mensile di 1.250 euro genera oltre 15.000 euro annui, con minori complicazioni operative.

L’analisi si inserisce in un contesto normativo e fiscale sempre più sfidante per il settore. Nonostante le tariffe giornaliere degli affitti brevi si mantengano elevate (tra 100 e 140 euro a notte), le spese di gestione, l’imposizione fiscale meno favorevole e l’inasprimento delle regole rendono la formula meno vantaggiosa.

Secondo un sondaggio nazionale condotto da SoloAffitti su circa 1.000 proprietari, il 38,5% di chi ha dismesso l’affitto breve lo ha fatto per guadagni deludenti rispetto alle attese. Anche a Roma, dove ci si attendeva un boom in vista del Giubileo 2025, il tasso di occupazione degli alloggi brevi si è stabilizzato al 70%, in calo rispetto al 2024, segnale di un mercato che fatica a crescere ulteriormente.

Nel frattempo, l’offerta di case in locazione tradizionale rimane bassa, ma i proprietari sembrano sempre più orientati verso formule stabili, durature e meno rischiose, che garantiscano ritorni certi senza l’incognita della stagionalità e delle disdette last-minute.

Redazione Agire
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